METODO FREQUENCY™ E SINTOMI OVARICI
6 Giugno 2023FREQUENZE SONORE
17 Agosto 2023Premessa
Lo studio effettuato su soggetti con Alzheimer sono stati eseguiti dal Dott. Giovanni Peduto, presso soggetti a domicilio, negli anni compresi tra il 2012 e il 2019. La metodologia introdotta e sperimentata ha dei risvolti su soggetti con Alzheimer al primo stadio, ovvero nella fase dei vuoti di memoria, nella quale, questi vuoti concernono soprattutto la memorizzazione di nuove informazioni.
Ma partiamo da cos’è l’Alzheimer!
Che cos’e’ l’alzheimer?
L’Alzheimer, è la forma più comune di demenza degenerativa progressivamente invalidante con esordio prevalentemente in età presenile (oltre i 65 anni). Viene nominata come disturbo neurocognitivo maggiore o lieve e si stima che circa il 50-70% dei casi di demenza sia dovuta a tale condizione, mentre il 10-20% a demenza vascolare. (riduzione di afflusso sanguigno a livello cerebrale, esempio post ictus).
Il sintomo precoce più frequente è la difficoltà nel ricordare eventi recenti. Con l’avanzare dell’età possiamo avere sintomi come: afasia, disorientamento, cambiamenti repentini di umore, depressione, incapacità di prendersi cura di sé, problemi nel comportamento.
La ricerca indica che la malattia è strettamente associata a placche amiloidi (formazioni extracellulari costituite da una parte centrale in cui si accumula proteina amiloide, e una parte periferica in cui si depositano detriti neuronali (principalmente frammenti assonali) e ammassi neurofibrillari riscontrati nel cervello, ma non è nota la causa prima di tale degenerazione. Circa il 70% del rischio si ritiene sia genetico con molti geni solitamente coinvolti. Altri fattori di rischio includono: traumi, depressione o ipertensione. Il processo della malattia è associato a placche amiloidi che si formano nel SNC (Sistema Nervoso Centrale).
La malattia è dovuta a una diffusa distruzione di neuroni, principalmente attribuita alla beta-amiloide, una proteina che, depositandosi tra i neuroni, agisce come una sorta di collante, inglobando placche e grovigli “neurofibrillari“. La malattia è accompagnata da una forte diminuzione di acetilcolina nel cervello (si tratta di un neurotrasmettitore, ovvero di una molecola fondamentale per la comunicazione tra neuroni, e dunque per la memoria e ogni altra facoltà intellettiva). La conseguenza di queste modificazioni cerebrali è l’impossibilità per il neurone di trasmettere gli impulsi nervosi e quindi la morte dello stesso, con conseguente atrofia progressiva del cervello nel suo complesso.
La malattia presenta degli stadi, un evolversi della malattia data della degenerazione dei processi biochimici a livello cerebrale, tali stadi presentano diverse manifestazioni nella malattia, ecco quali:
- Depistaggio precoce
- Diagnosi
1) Stadio iniziale:
- Vuoti di memoria
Questi vuoti si associano soprattutto alla memorizzazione di nuove informazioni. Il soggetto affetto da Alzheimer iniziale dimentica orari e dati per gli appuntamenti o ciò che è appena stato riferito in un discorso o suggerimento nell’effettuare un comando. E reagisce con tristezza e rabbia se se lo fà presente. - Difficoltà nel trovare le parole
Per rimediare alle sue mancanze, il malato prova a descrivere un oggetto di cui ha dimenticato il nome come modi complicati. E non riesce a completare le frasi di un discorso. - Disorientamento nello spazio
Questo disorientamento si attiva e manifesta soprattutto in luoghi sconosciuti, diventando incapace di orientarsi. - Disorientamento nel tempo
Il soggetto si ritrova a dover cambiare orari e date degli appuntamenti perché non se le ricorda.
Le conseguenze sono una passività sul piano intellettuale associata a depressione, e un’attività fisica crescente come il fabbisogno di muoversi e di essere attivo.
2) Lo stadio medio
La malattia evolve e i disturbi diventano più incisivi.
- Vuoti di memoria
A questo stadio, i vuoti di memoria colpiscono anche i nomi dei familiari e gli avvenimenti recenti. Si dimentica se ha mangiato, o fatto le cose di routine a casa. - Parlare diventa difficile
Le difficoltà nel linguaggio aumentano arrivando a non capire il senso delle parole. - Capacità pratiche
Il paziente non può più eseguire gli atti quotidiani. - Disorientamento nello spazio
Il disorientamento peggiora, dai luoghi sconosciuti a luoghi familiari. - Disorientamento nel tempo
Oltre il giorno e l’ora, si tende a dimenticare mese, anno e la stagione in cui vive. Numerosi malati lasciano il loro domicilio e non trovano più la strada del ritorno.
3) Lo stadio avanzato
il Sistema immunitario si abbassa, riducendo le capacità fisiche e di rispondere a malattie infettive.
- Vuoti di memoria
Questi vuoti riguardano ora anche la memoria a lungo termine anche del passato. - Mutismo
Il linguaggio si riduce e gran parte dei malati cade in un mutismo totale durante questo stadio. - Contatto con il mondo
Il malato non riconosce nemmeno più le persone che gli sono più vicine. - Difficoltà a nutrirsi
il malato è incapace di compiere gesti semplici come mangiqare, finendo per nutrirsi male, o avere difficoltà nella deglutizione. - Rischio di cadute
Il malato cammina a piccoli passi provocando molteplici cadute, ferite, fratture. - Perdita del controllo della vescica e dell’intestino
Ipotesi dopaminergica
L’ultima ipotesi formulata (aprile 2017) indica nella morte dei neuroni dell’area tegmentale ventrale deputati alla produzione della dopamina la causa della malattia. La scoperta è stata fatta da un gruppo di ricercatori dell’Università Campus Bio-Medico di Roma guidato da Marcello D’Amelio. Nelle prime fasi della malattia, infatti, si registra la morte dei neuroni dopaminergici nella zona tegmentale ventrale del cervello: questo genera deficienza del neurotrasmettitore nell’ippocampo, portando quindi ai tipici sintomi della perdita di memoria.
Io, personalmente, reputo quest’ultima ipotesi tra quelle più accreditate, se non come causa, almeno concausa, questo perché il sistema dopaminergico è essenziale per funzioni legate alla stimolazione dell’azione motoria e del ricordo degli schemi motori.
Anche se al momento non esistono vere e proprie cure per bloccare l’Alzheimer, alcuni studi hanno confermato che l’attività motoria e altri sistemi alternativi, come la musica, possono rallentare il decorso della malattia. Questi studi si basano sullo sviluppo e mantenimento delle aree vascolari cerebrali e della stimolazione della dopamina (come abbiamo visto la carenza ne può essere una causa) e dell’Acetilcolina (così come per la dopamina).
Prima di spiegare come l’attività motoria e l’utilizzo di sistemi alternativi come l’utilizzo di frequenze sonore specifiche e della musica possano intervenire sull’alzheimer,vediamo cosa e come funzionano questi 2 importanti neurotrasmettitori.
Dopamina.
La dopamina è un importante neurotrasmettitore della famiglia delle catecolamine, con una funzione di controllo su: movimento, la cosiddetta memoria di lavoro, la sensazione di piacere, produzione di prolattina, i meccanismi di regolazione del sonno, alcune facoltà cognitive e la capacità di attenzione.
Precursore di due neurotrasmettitori della famiglia delle catecolamine: la norepinefrina (o noradrenalina) e l’epinefrina (o adrenalina).
Dopamina e movimento
Le capacità motorie dell’essere umano (correttezza dei movimenti, rapidità dei movimenti ecc.) dipendono dalla dopamina che la substantia nigra rilascia sotto l’azione dei gangli della base.
Infatti, se la dopamina rilasciata dalla substantia nigra è inferiore al normale, i movimenti diventano più lenti e incoordinati. Viceversa, se la dopamina è quantitativamente superiore al normale, il corpo umano comincia a eseguire movimenti non necessari, molto simili a dei tic.
Quindi, la precisa regolazione del rilascio di dopamina, da parte della substantia nigra, è fondamentale affinché l’essere umano si muova correttamente, eseguendo gesti coordinati e alla giusta velocità.
Dopamina e memoria
Diverse ricerche scientifiche hanno dimostrato che adeguati livelli di dopamina nella corteccia prefrontale migliorano la cosiddetta memoria di lavoro.
Per definizione, la memoria di lavoro è “un sistema per il mantenimento temporaneo e per la manipolazione dell’informazione durante l’esecuzione di differenti compiti cognitivi, come la comprensione, l’apprendimento e il ragionamento”.
Se i livelli di dopamina con origine nella corteccia prefrontale diminuiscono o aumentano, la memoria di lavoro comincia a risentirne.
Acetilcolina
La molecola della acetilcolina (abbr. ACh, dall’inglese AcetylCholine) è uno dei neurotrasmettitori più importanti. È responsabile della trasmissione nervosa sia a livello di sistema nervoso centrale sia di sistema nervoso periferico. E’ un neurotrasmettitore, fondamentale per la comunicazione tra neuroni, e dunque per la memoria e ogni altra facoltà intellettiva.
Vi sono due tipi di recettori per l’ACh: i recettori muscarinici e i recettori nicotinici.
Le azioni muscariniche corrispondono a quelle indotte dall’ACh rilasciata dalle terminazioni nervose parasimpatiche postgangliari, con due significative eccezioni:
- L’ACh provoca una vasodilatazione generalizzata, nonostante buona parte dei vasi non sia innervata dal sistema parasimpatico.
- L’ACh provoca la secrezione da parte delle ghiandole sudoripare, che sono innervate da fibre colinergiche del sistema nervoso simpatico.
Le azioni nicotiniche corrispondono a quelle dell’ACh rilasciata a livello delle sinapsi gangliari dei sistemi simpatico e parasimpatico, della placca neuromuscolare dei muscoli volontari e delle terminazioni nervose dei nervi splancnici che circondano le cellule secretorie della midollare del surrene.
Attivita’ motoria e suono come trattamento per l’alzheimer
Come accennato in precedenza, non esiste ancora una cura vera e propria per bloccare l’Alzheimer, ma come abbiamo anticipato, l’attività motoria e il suono possono rallentare il processo degenerativo alla base della malattia.
Questo perché? e come?;
semplicemente perché sia l’attività motoria che il suono (musica), agiscono sul rilascio dei neurotrasmettitori responsabili, la dopamina.
Attività Motoria:
Ormai è risaputo che l’attività fisica sia in grado di migliorare le prestazioni cognitive di persone anziane non dementi: gli effetti più significativi si osservano in particolare a carico delle funzioni esecutive e sono ottenuti con programmi motori che comprendono diversi tipi di attività motoria (aerobica, di flessibilità, di potenziamento muscolare) (Kramer et al., 2006a), ma si è dimostrata efficace anche un’attività di entità moderata, purché continuativa (Yaffe et al., 2001).
Altrettanto è efficace in soggetti con demenza e morbo di Alzheimer:
L’attività aerobica, favorisce da un lato il miglioramento cardiovascolare e quindi l’incremento di sangue ossigenato a livello cerebrale soprattutto lì dove ne necessità come le aree deputate alla memoria e al movimento.- Esercizi schematici e lenti, come il tai chi, utilizzato anche per i soggetti parkinsionani, permette al cervello di creare uno schema motorio che ripetuto nel tempo favorisce la creazione del ricordo nell’area della memoria a breve termine.
Quindi, nello specifico
L’effetto dell’attività motoria sulle funzioni cognitive sarebbe mediato da un’aumentata produzione di fattori neurotrofici, in particolare il Brain-derived neurotrophic factor (BDNF) nell’ippocampo e da un’aumentata espressione dell‘RNA messaggero (mRNA), alle quali conseguirebbe un aumento della long-term potentiation (LTP); è stata documentata neurogenesi nel giro dentato tanto nei giovani quanto nei vecchi. L’esercizio fisico aumenterebbe anche i livelli cerebrali della dopamina, della serotonina e dell’acetilcolina (Kramer et al., 2006b), mentre ridurrebbe l’accumulo di radicali liberi e di marcatori dell’infiammazione.
Nell’uomo, i benefici dell’esercizio fisico si associano ad un aumentato flusso cerebrale (Rogers et al., 1990) e ad un aumento dell’attività metabolica e dello spessore della corteccia nelle regioni frontali e temporali (Colcombe et al., 2004; Kramer et al., 2006a). L’efficacia dell’attività motoria sulle funzioni cerebrali è anche mediata da un più globale miglioramento della funzione cardiorespiratoria e dalla riduzione dei fattori di rischio cardiovascolare (l’ipertensione arteriosa, il diabete, l’ipercolesterolemia), che aumentano la probabilità di ammalarsi di Alzheimer).
La Musica:
La musica e il suono agiscono su dei “network di salienza” ovvero una rete neurale del cervello, in questa regione rimane anche un’isola di ricordi che è risparmiata dalle devastazioni della malattia di Alzheimer, confermando il fatto che la musica non può essere dimenticata e quindi utilizzata come trattamento per i soggetti con il morbo di Alzheimer.
La musica agisce sulla produzione della dopamina, che come abbiamo visto, si ipotizza che la sua riduzione sia una delle cause e concause della malattia, questo avviene perché la musica produce una risposta a tutti gli effetti chimica, grazie alla quale i circuiti nervosi interessati aiutano a modulare i livelli di dopamina, il cosiddetto ormone “del benessere” nel cervello.
Essendo la musica un attivatore emotivo, chimicamente avviene che la parte emotiva che viene gestita attraverso la via mesocorticale del sistema dopaminergico, che collega l’area tegmentale ventrale del mesencefalo alla corteccia pre-frontale, dove si sviluppano le funzioni cognitive complesse. In questo percorso sono presenti soprattutto recettori dopaminergici di tipo D4 (sottofamiglia dei D2-like) i quali, interagendo con il mediatore, diminuiscono la produzione di AMPc tramite una proteina G inibitoria, con conseguente interruzione del segnale elettrico eccitatorio e quindi un generale “rilassamento“. Al contrario, quando i recettori D1-like vengono attivati (o se gli stessi D2-like vengono bloccati da antagonisti, come i farmaci antipsicotici) dalla dopamina o da altre sostanze (amfetamina, cocaina e nicotina) si ha un incremento di AMPc tramite una proteina G stimolatoria e quindi aumento degli stimoli nervosi.
A tal ciò infatti, il COI (Comitato Olimpico Internazionale) e World Anti-Doping Agency (WADA), considerano la musica dopante, perché agendo sulla dopamina e quest’ultima essendo un regolatore che può appunto o eccitare o rilassare, a secondo della musica, può appunto essere utilizzata per stimolare, in caso di musica rock ad esempio nella corsa sprint oppure di rilassare in caso di gare come tiro al bersaglio con la musica classica o rock psichedelico.
Questo studio ha cercato di esaminare un meccanismo che attiva la rete deputata all’attenzione nella regione di salienza del cervello. I risultati offrono un nuovo modo di affrontare l’ansia, la depressione e l’agitazione nei pazienti con demenza. L’attivazione delle regioni del cervello vicine può anche offrire un’opportunità per ritardare il continuo declino causato dalla malattia.
Usando una risonanza magnetica funzionale, i ricercatori hanno confrontato le immagini scansionate del cervello dei pazienti mentre ascoltavano la musica selezionata, mentre ascoltavano la stessa musica riprodotta al contrario e durante un periodo di silenzio.
I ricercatori hanno scoperto che la musica attiva il cervello, provocando la comunicazione di intere regioni. Ascoltando la colonna sonora personale, la rete visiva, la rete di salienza, la rete esecutiva e le coppie di reti cerebellari e cortico-cerebellari hanno mostrato una connettività funzionale significativamente più elevata.
Secondo un mio punto di vista, in base sia agli studi condotti, “La musica può essere ed è un modo alternativo e parallelo per far esprimere i pazienti affetti da malattia di Alzheimer”, questo perché, gli altri percorsi come, quelli linguistici e visivi sono danneggiati con il progredire della malattia, ma utilizzando programmi musicali e sonori, personalizzati si può attivare il cervello permettendo di creare connessioni con l’ambiente circostante.
Suono (Frequenze Sonore, il Rumore Rosa):
Un team di ricercatori della Scuola di Medicina Feinberg presso la Northwestern University di Chicago ha scoperto che il cosiddetto rumore rosa, caratterizzato da specifiche frequenze, (che si aggirano in un range a loop tra i 100 e 800hz, fino a -3db, quindi frequenze molto basse) se ascoltato durante il sonno può potenziare sensibilmente le capacità mnemoniche. Gli studiosi, coordinati dal professor Phyllis Zee, docente di neurologia presso l’ateneo americano, hanno realizzato un dispositivo elettronico in grado di riprodurre questa tipologia di suoni con basse frequenze potenziate, e lo hanno modulato con un algoritmo affinché tali suoni si attivassero attraverso lo stimolo delle onde lente prodotte dal cervello, quelle specifiche del sonno profondo. A realizzare questo speciale algoritmo è stato lo scienziato italiano Giovanni Santostasi, un coautore dello studio in forze alla Northwestern University.
Nell’esperimento, prima di andare a riposare, i partecipanti hanno dovuto leggere una serie di parole e frasi da ricordare la mattina successiva. Il test è durato due notti; una col dispositivo perfettamente funzionante e una con stimolazione simulata. Dai risultati è emerso che il rumore rosa ha avuto un impatto estremamente significativo sulle capacità mnemoniche, dato che gli anziani hanno ricordato il triplo di frasi e parole rispetto alla notte priva di stimolazione. Benché lo studio sia stato condotto solo su un campione estremamente limitato di partecipanti, i ricercatori sono ottimisti sull’efficacia del dispositivo e presto ne svilupperanno una versione commerciale per uso domestico. La speranza è che esso possa diventare uno strumento terapeutico per varie patologie neurodegenerative che impattano sulla memoria, come il morbo di Alzheimer. I dettagli dello studio sono stati pubblicati su Frontiers in Human Neuroscience.
_
Esempio di Programma di Esecuzione:
Il programma retratto è un esempio di come poter conciliare l’attività motoria e il suono ad una serie di feedback esterni per l’incremento e il mantenimento delle fasi mnemoniche.
Prima di tutto, bisogna compilare un piccolo questionario dove su scrivere delle informazioni di vita e gusti personali del soggetto, come nome, nome dei familiari, date di nascita, luoghi, possibili gusti o specifici artisti musicali, questi serviranno a creare degli input da inserire durante le due fasi che potremo suddividere in fase diurna (attività motoria, feedback e musica) e fase notturna (rumore rosa e feedback)
Esempio di Programma Diurno
input : (Foto, Date, Nomi, Suoni riconoscibili, Canzoni Riconoscibili)
feedback : (risposta e controllo, cercando di dare un punteggio e monitorarlo nel tempo)
Es.1 – tempo 20’/30’
- 5’ Attivazione muscolare: mobilità e stretching
- 15’ Attività aerobica: (bike, tapis, walking a passo costante e leggero)
- 5’ libero
- 5’ input + feedback ogni 60’’ x 5min
- 5’ input (inizio) + feedback (fine)
Es.2 – tempo 20’/30’
- 5’ Attivazione muscolare: mobilità e stretching
- 5’x 2 volte
Schema di movimenti continui come tai chi; prendere una palla e posizionarla su un
colore, percorsi motori da memorizzare, il tutto stimolando la corteccia con la
musica, se possibile con canzoni riconosciute dal soggetto
Esempio di Programma Notturno
Es.1
- lettura degli input (vedere sopra)
- durante la fase di sonno, far ascoltare il rumore rosa a basso volume, in modo da non disturbare il soggetto
- feedback al mattino, controllo degli input ripetuti
Es.2
- durante la fase di sonno: creazione di una traccia audio che alternativamente ogni 10’/15’ ripeta quella specifica parola o più parole (come ad esempio il nome del figlio) sommando al rumore rosa
- feedback al mattino
_
Bibliografia :
Bianchetti e M. Trabucchi, Alzheimer, Bologna, Il Mulino, 2010.- M. Borri, Storia della malattia di Alzheimer, Bologna, Il Mulino, 2012.
- https://www.my-personaltrainer.it/fisiologia/dopamina.html
- (EN) G.M. Brenner, Pharmacology, Filadelfia, W.B. Saunders Company, 2000, ISBN 0-7216-7757-6.
- (EN) Canadian Pharmacists Association, Compendium of Pharmaceuticals and Specialties, 25ª ed., Toronto, Webcom, 2000, ISBN 0-919115-76-4
- (EN) N.R. Carlson, Physiology of Behavior, 7ª ed., Needham Heights, Allyn and Bacon, 2001, ISBN 0-205-30840-6.
- (EN) Michael D. Gershon, The Second Brain, New York, HarperCollins, 1998, ISBN
- (EN) Neuromodulation and cortical function: Modeling the physiological basis of behavior. (PDF), in Behav. Brain
- Res., n. 67, Hasselmo, 1995, pp. 1-27.
- (EN) A.J. Yu e P. Dayan, Uncertainty, neuromodulation, and attention (PDF), in Neuron, n. 46, 2005, pp. 681-692. Coyle JT. Use it or Lose It – Do Effortful Mental Activities Protect against Dementia? N Engl J Med 2003Rovio S, Helkala EL, Viitanen M, Winblad B, Tuomilehto J, Soininen H, Nissinen, and Kivipelto AM. Leisure time physical activity at midlife and the risk of dementia and Alzheimer’s disease. Lancet Neurol 2005;4:705–11.